Ne “L’attimo fuggente”, il professor John Keating (magistralmente
interpretato dal povero Robin Williams) sale sulla cattedra ed esorta i suoi
studenti a fare altrettanto, salendo sui banchi, per insegnare loro a guardare
le cose da un’altra prospettiva. La lezione viene appresa al volo, tanto che
torneranno tutti in piedi sui banchi nella scena finale, per l’ultimo saluto al
loro insegnante che lascia il college, al grido di «Capitano, mio Capitano!».
Si tratta, effettivamente, di un
ottimo modo per spiegare (e apprendere) una lezione importante, forse «La»
lezione: cambiare prospettiva (nell’accezione più ampia che vi si possa dare,
ivi incluso l’ascolto – difficile - e la comprensione – difficilissima – delle
ragioni dell’altro, di chi è diverso e lontano da noi) è fondamentale per
aumentare la nostra personale comprensione – direi apprensione – di ciò che ci
circonda e, quindi, di noi stessi.
Passaggi rituali (primo fra
tutti la lettura degli scopi) nati come momenti di solenne riflessione,
rischiano di diventare – accade spesso – la ripetizione di formule vuote, se
non sono accompagnati da un piccolo sforzo di memoria e di concentrazione. Alzi
la mano a chi non è capitato di passare il momento della lettura degli scopi a
pensare ad altro, o semplicemente a stringersi il nodo della cravatta,
nell’attesa di tornare a sedere.
Ebbene, il cambio di prospettiva
evocato in quel bel film può venirci in aiuto. Ad esempio, dopo la lettura
degli scopi ad opera del vice presidente, l’applauso, le pacche sulle spalle e
magari dopo il primo sorso di vino e la prima forchettata, allentata un po’ la
tensione della giornata lavorativa, proviamo, nelle nostre conviviali, a
ri-leggere gli scopi, una seconda volta, seduti, frase per frase, lentamente, soffermandoci
su ogni passaggio. Probabilmente sarà piacevole la sorpresa di non sentirli, in sottofondo, come siamo
ormai abituati a fare, ma ascoltarli,
come la prima volta che abbiamo partecipato ad una serata di Tavola. Sarà un
piccolo cambio di prospettiva che, forse, ci permetterà di ri-scoprire chi
siamo (in Tavola) e perché ci riuniamo.
P.S.: ripetere l’esercizio
almeno una volta ogni sei mesi …
V.I.T
Andrea Chiloiro
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